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STEFANO SAVI, RESPONSABILE GLOBAL RSPO: "OBIETTIVO SOSTENIBILITA'"

L'olio di palma è l'estratto vegetale più consumato al mondo capace di alimentare un giro d'affari stimato in circa 40 miliardi di dollari. Le accuse nei confronti delle aziende del settore riguardano i processi di deforestazione, di dislocazione forzata delle popolazioni locali, sfruttamento dei lavoratori e ricorso a lavoro minorile. Il business non sembra, d'altra parte, voler rallentare visto che l'olio di palma è relativamente economico e utilizzato in una vastissima gamma di prodotti che vanno dagli alimenti, ai cosmetici, ai detergenti, ai biocarburanti. La richiesta è in costante aumento con una previsione di crescita del giro d'affari globale fino a 91 miliardi di dollari entro il 2021 e con paesi come Colombia e Brasile pronti ad accorciare le distanze con i grandi produttori, Malesia e Indonesia, che coprono l'80% della produzione mondiale. Proprio per raggiungere l'obiettivo di una produzione più sostenibile è stata formata, nel 2004, la Rspo, la tavola rotonda sull'olio di palma, che comprende aziende produttrici, ong e istituti finanziari. Gli standard Rspo sono però, spesso, disattesi dagli stessi membri. Questo, per lo meno, è l'allarme lanciato da varie organizzazioni non governative che invitano Rspo ad assumere posizioni più stringenti per evitare che la certificazione perda di credibilità. Conquiste ha intervistato Stefano Savi, responsabile delle relazioni esterne global di Rspo, per comprendere al meglio le sfide del settore e l'efficacia della tavola rotonda nel garantire una produzione sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale.


Dott. Savi, ultimamente Amnesty International e Somo hanno denunciato falle nel sistema di certificazione Rspo. Cosa ne pensa delle critiche?

Il sistema di certificazione Rspo, come tutti i sistemi, può presentare delle falle. E' importante per noi riscontrare i problemi e intervenire. Il sistema Rspo si basa sulla certificazione ma anche sull'engagement con tutti gli attori lungo la filiera. In altre parole, non siamo solo un ente certificatore ma cerchiamo di creare responsabilità condivisa su temi ambientali e sociali. Il sistema Rspo non è, inoltre, di nicchia. Non lavoriamo con una piccola percentuale di attori virtuosi ma, proprio perché vogliamo affrontare e risolvere i problemi, cerchiamo di incrementare costantemente il raggio d'azione. Il nostro obiettivo è portare un cambiamento e non mettere un bollino su quelli che già stanno lavorando bene. I problemi rilevati da Somo sono reali e diffusi. L'obiettivo di Rspo, che certifica circa il 20% dell'olio di palma globale, è quello di migliorare la situazione ed è per questo che seguiamo una politica della trasparenza che permette alle organizzazioni di verificare ed esporre pubblicamente i problemi riscontrati, come dimostra il fatto che non ci sono molti rapporti su aziende non certificate.

Cosa succede quando le verifiche evidenziano il mancato rispetto delle regole Rspo? Le risulta che la Wilmar, in seguito alle accuse, ha chiesto ai suoi lavoratori di firmare un documento in cui scagionavano l'azienda?

Abbiamo un sistema di reclami aperto al pubblico che prelude a una procedura per la risoluzione dei problemi. L'autore del reclamo viene messo in contatto con l'azienda per trovare una soluzione. E' il caso di Somo, il cui rapporto denunciava problemi in due aziende certificate. Appena è uscito il dossier sono iniziati i contatti per trovare soluzioni, anche a prescindere da un eventuale ulteriore controllo. Rspo ha contattato le due aziende per implementare un piano d'azione. In data 14 e 15 luglio abbiamo predisposto un audit non annunciato di cui stiamo aspettando un rapporto. Per quanto riguarda la Wilmar, ho parlato personalmente con l'azienda che ha negato le accuse. Vi sono comunque accertamenti in corso.


Cosa avviene al resto della produzione non certificata? E' destinata esclusivamente ai mercati asiatici come India e Cina o trova il modo di arrivare in Europa?

La filiera è molto complicata e la tracciabilità non è semplice. Non sono convinto che il 100% dell'olio di palma utilizzato oggi in Italia, per esempio, sia certificato. Su cosmetica e alimentazione sono stati fatti grandi passi in avanti ma in Europa si discute soprattutto in termini di sostituzione e meno di sostenibilità. Questo è il problema maggiore che abbiamo in Europa. Considerando la sua resa, l'olio di palma è al momento non sostituibile se non con altri oli vegetali che verrebbero, nel caso, importati sempre da paesi in via di sviluppo. Ecco perché credo sia necessario valorizzare il percorso fatto finora sulla sostenibilità dell'olio di palma e puntare a implementarlo ulteriormente.


Recentemente avete annunciato una partnership con Unicef. Sarebbe utile coinvolgere anche organizzazioni di matrice sindacale e supportare i processi di sindacalizzazione locali come una ulteriore fase della certificazione Rspo?

E' qualcosa di cui ci stiamo occupando a livello locale. Al momento stiamo lavorando con i nostri membri, organizzazioni non governative che si occupano di sociale che hanno contatti diretti con i sindacati e con la task force sul lavoro Rspo. Rendere effettivi gli standard è molto difficile e per questo abbiamo contatti diretti con chi si occupa di diritti dei lavoratori a livello locale. Bisogna poi considerare che Rspo è abbastanza giovane visto che il primo prodotto certificato risale al 2009. Il focus iniziale è stata la questione ambientale. Il focus sociale è stato approfondito solo negli ultimi tre anni e abbiamo ancora molto lavoro da fare. Ci sono senz'altro molte più collaborazioni da attivare con gli attori che si occupano dei diritti dei lavoratori. Unicef è il primo passo, c'è la possibilità di fare di più su questo versante.


Molte imprese sono accusate di pagare i lavoratori a seconda di obiettivi di produzione agevolando così il ricorso al lavoro minorile. Come rispondete alle accuse secondo cui molte aziende utilizzano Rspo come uno scudo?

Gli standard Rspo non permettono l'utilizzo di lavoro minorile o di lavoro non regolamentato o il sistema del raggiungimento degli obiettivi ma prevedono la paga minima e un living wage. Certo, possiamo e vogliamo migliorare. Abbiamo dimostrato che ogni volta che c'è un problema siamo pronti ad agire in maniera adeguata per andare a verificare e risolvere le criticità. Molti di questi problemi non sono però esclusivamente di natura aziendale ma riguardano il paese dove l'azienda opera. Il problema del lavoro minorile, per esempio, è diffuso in molti dei paesi produttori in tutti i settori. Una pratica per Rspo inconcepibile ma ancora diffusa e che non possiamo risolvere con un semplice regolamento.


Come inquadrate il caso dell'azienda colombiana certificata Poligrow sotto accusa per avere acquisito terre in maniera illegale grazie ai paramilitari? E' possibile che ci siano aziende certificate che abbiano commesso analoghi abusi contro l'ambiente e contro la popolazione prima del 2005?

Nel caso di Poligrow c'è un procedimento di reclamo attivo. Stiamo fornendo degli update continui attraverso il nostro sito internet. Per quanto riguarda lo storico delle aziende, le regole Rspo si applicano dal 2005 ed è difficile capire cosa sia avvenuto prima. Le verifiche vengono effettuate ma bisogna anche considerare che all'epoca molte delle questioni che dibattiamo oggi non erano prese in considerazione a livello legale.


Secondo il World Wide Fund for Nature ogni ora si distrugge l'equivalente di 300 campi da calcio di foresta pluviale per permettere la coltivazione della palma. Qual è la posizione di Rspo sulla deforestazione?

Il nostro impegno è quello di preservare la foresta primaria e secondaria. Circa 110 mila ettari di foresta sono stati preservati grazie a Rspo, l'equivalente di 200 mila campi di calcio. Le nostre aziende si impegnano inoltre non solo a conservare ma a migliorare i parametri di conservazione. E' un fatto che la globalizzazione ha accelerato i processi di sviluppo spesso in maniera non corretta ma bisogna maturare anche dal punto di vista della domanda. Una domanda che chiede la sostenibilità può attivare processi virtuosi. Al contrario, se si punterà sempre al massimo ribasso i problemi sono destinati a rimanere. Dobbiamo allora risolvere questi problemi dal punto di vista globale migliorando la qualità della domanda e spingendo per una produzione sempre più sostenibile.



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