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DRAKE, AFL-CIO: ENTRARE NELLA STANZA DELLE DECISIONI PER INFLUIRE SUI NEGOZIATI


I sindacati americani dell'Afl-Cio e quelli europei dell'Etuc hanno recentemente espresso, attraverso un comunicato congiunto, la loro posizione rispetto al Ttip, il trattato di libero commercio discusso nella massima riservatezza fra Usa e Unione Europea. E' necessario, spiegano i sindacati, un nuovo approccio che faccia tesoro delle lezioni apprese dai precedenti trattati commerciali e che si basi sull'interesse pubblico e non esclusivamente su quello delle compagnie private. La trasparenza, che fin qui non c'è stata, è necessaria ma non sarebbe da sola sufficiente senza un reale coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nei negoziati. Celeste Drake, esperta dell'Afl-Cio in commercio e globalizzazione, ha espresso a Conquiste le preoccupazioni dei sindacati americani ma ha anche spiegato le possibili alternative e le reali potenzialità di un accordo che potrebbe volgere, con gli adeguati correttivi, dalla parte dei lavoratori.

Celeste Drake, l'Afl-Cio ha sempre seguito da vicino l'applicazione degli accordi di libero scambio denunciando le iniquità che spesso comportano. Come nascono questi accordi e qual è la vostra posizione a riguardo?

Questi trattati sono sempre stati disegnati a porte chiuse. Per quanto riguarda il Ttip non percepiamo una maggiore trasparenza, nonostante ci dicano il contrario. Il fatto che ci informino sui progressi del Ttip non è sufficiente se poi non possiamo intervenire sui contenuti. Obama ha detto di non speculare troppo e aspettare la scrittura finale per avanzare obiezioni ma sarebbe chiaramente troppo tardi perché il testo, una volta scritto, è praticamente impossibile da cambiare. Allora è veramente un cattivo consiglio chiederci di attendere la fine dei negoziati per sollevare le nostre obiezioni.

D'altra parte non ci possiamo fidare dei negoziatori e delle promesse sui trattati di libero commercio perché la nostra esperienza ci insegna che queste promesse non vengono mantenute. Ci hanno promesso centinaia di migliaia di posti di lavoro con il Nafta ma, al contrario, abbiamo perso 700 mila posti di lavoro. Ci era stato promesso che il Nafta avrebbe risolto i problemi dell’immigrazione irregolare ma è accaduto l'esatto opposto: i prodotti agricoli statunitensi hanno invaso il mercato messicano grazie ai sussidi e hanno portato alla rovina i piccoli agricoltori che hanno abbandonato le campagne per cercare lavoro. Il numero di immigrati è di conseguenza aumentato. Per noi rappresenta un grave problema perché questi lavoratori irregolari sono sfruttati dai datori statunitensi che pagano meno del salario minimo, non permettono loro di organizzarsi in sindacati, violano ogni standard. Questo processo coinvolge tutti i lavoratori statunitensi creando una corsa al ribasso sui salari e quindi dumping sociale.

A guadagnarne sono dunque solo le multinazionali?

Le multinazionali hanno notevoli vantaggi da questi accordi ma tali vantaggi non si estendono ai lavoratori. In molti casi la produttività aumenta, ma anche la povertà. Secondo la nostra esperienza questi accordi offrono strumenti alle multinazionali per abbassare i salari mentre non abbiamo visto ancora strumenti per elevare gli standard lavorativi. Sarebbe allora il caso di ripensare dall’inizio questi trattati mettendo al centro i diritti dei lavoratori e dei consumatori, gli standard ambientali. Ma le multinazionali non sono interessate a questo, piuttosto sono interessate ad avere sempre meno regole.

Il viceministro Calenda ha espresso preoccupazione rispetto a una presunta fase di stallo del Ttip auspicando un intervento diretto di Obama per sbloccare la situazione.

Mi sembra una preoccupazione prematura. Le negoziazioni sono iniziate di fatto nel 2010 e formalmente l'anno scorso, mi sembra presto per dire che siamo in una fase di stallo. Si è parlato anche di un accordo ad interim ma non ne vedo il motivo visto che attualmente il commercio fra Usa e Ue è florido. Si parla anche di un'urgenza di chiudere l'accordo prima delle prossime presidenziali in Usa ma credo che chiunque verrà eletto dopo Obama continuerà questa politica. E' probabile allora che l'urgenza di chiudere l'accordo sia più dovuta alla necessità di agire in anticipo su un'opinione pubblica che si sta progressivamente informando su quanto sta avvenendo.

Lei è stata invitata a un incontro dal titolo Ttip reloaded, un nuovo inizio, eppure lei era l'unica rappresentante di un'organizzazione sindacale al cospetto di una ventina di delegati pro big business. L'informazione rispetto all'accordo in discussione non appare esaustiva e i rappresentanti della società civile organizzata non sono coinvolti. Come si devono comportare le organizzazioni sindacali?

Anche negli Usa i media non parlano molto di commercio e il Ttip è un argomento trattato quasi esclusivamente dai giornali economici come il Wall Street Journal che ne parlano positivamente. I sindacati devono fare più comunicazione, fare domande e aprire dibattiti sui media. Dobbiamo però pensare che questa potrebbe essere una grande occasione per cambiare il modello, proponendone uno che faccia veramente gli interessi dei lavoratori. Noi siamo molti critici, ma da un punto di vista teorico non possiamo dire che siamo contro il Ttip in quanto tale perché non abbiamo nessun documento che ce lo spieghi nel dettaglio. Quello che possiamo dire con certezza è che vogliamo un ruolo per fare un accordo veramente positivo. Non siamo contro il commercio ma contro le regole arbitrarie. Decisioni che riguardano la nostra vita si stanno prendendo nel chiuso di una stanza e le possibilità che queste decisioni possano portare benefici ai lavoratori sono molte ridotte. Se non siamo in quella stanza non possiamo avere nessuna influenza. Immaginiamo che gli Isds vengano eliminati e che gli Usa non abbandonino i negoziati, allora veramente questo accordo potrebbe diventare qualcosa di positivo per i lavoratori. Sarebbe un cambiamento incredibile. Tutti potrebbero beneficiare del commercio e non solo le multinazionali.

Ma c'è alcun interesse ad avere un Ttip senza Isds?

La mia impressione e che non ci sia interesse ma se gli Usa dovessero rinunciare ai negoziati per via degli Isds, beh allora questo ce la direbbe lunga sulle loro reali intenzioni. Questa è la domanda che dobbiamo continuare a ripetere: di che cosa si tratta veramente? L'Afl-Cio si oppone fermamente agli Isds, che noi chiamiamo tribunali delle multinazionali, perché è un sistema illegittimo e antidemocratico e ci sono tantissimi casi in cui sono stati utilizzati per minare i processi democratici di un paese. Gli investitori stanno già investendo tra Usa gli Eu per un giro di affari che si stima intorno ai 4 trilioni di dollari. Perché ora hanno bisogno di un sistema speciale per evitare le corti nazionali? E perché i negoziatori si concentrato molto su questo aspetto ma non sugli standard lavorativi o, per esempio, sulla ratificazione delle convenzioni Ilo da parte degli Usa? Se le multinazionali fossero obbligate a rispettare gli standard internazionali, il Ttip sarebbe molto più utile. Nel passato siamo stati sconfitti su altri accordi commerciali ma nel caso del Ttip si tratta di Europa dove i lavoratori hanno più diritti e abbiamo definitivamente più possibilità. Pensiamo che questo accordo potrebbe rappresentare una svolta se riuscissimo a eliminare le clausole Isds. Nell'accordo Usa-Australia e Usa-Israele non ci sono Isds. Ultimamente Karl De Gucht ha portato l'esempio del buon funzionamento del trattato di libero commercio fra Europa e Corea per promuovere il Ttip. Ha però dimenticato di dire che in questo accordo non ci sono Isds.

Quali sono le proposte dei sindacati per un Ttip che tenga in conto gli interessi di tutti?

Se questi trattati sono veramente per l’apertura del commercio allora prima di tutto dovremmo investire nelle infrastrutture che facilitano lo scambio di merci come porti, strade, aeroporti. Investire nelle infrastrutture è una proposta alternativa e addizionale. Abbiamo detto più volte che se veramente è necessario fare un Ttip allora ci sono cose che vanno affiancate come gli investimenti in infrastrutture. Perché i negoziatori non sono interessati a politiche complementari? Qual e il loro reale interesse? Gli investimenti nelle infrastrutture garantiscono più crescita che un trattato di libero commercio. Siamo sicuri che paesi quali Grecia e Spagna, o anche l'Italia, abbiano bisogno di questi trattati e di nuove regolamentazioni piuttosto che di investimenti nelle infrastrutture? Per raggiungere questi obiettivi bisogna però ottenere maggiore trasparenza e la possibilità di influire direttamente sui negoziati.

La nuova strategia di comunicazione si basa sull'illustrare le conseguenze negative di un mancato accordo e sul tranquillizzare l'opinione pubblica su quei temi che più hanno destato attenzione. Calenda ha tranquillizzato tutti sul principio di precauzione, sulla carne con gli ormoni della crescita, sul pollo al cloro, sulle etichette, sugli Ogm, sui servizi pubblici. A questo punto il trattato sembra ridursi alla questione Isds. E' veramente così?

I politici non si occupano di aspetti tecnici e i negoziatori li assicurano sul fatto che non si tratta di questo o di quell’altro. E' una cosa che abbiamo già visto, cercano di tranquillizzarci. E dobbiamo ammettere che letteralmente è vero perché penso che sia difficile introdurre un paragrafo nel Ttip che dica, per esempio, che l'Europa deve importare la carne americana. Avremo però nuove regole che daranno agli Usa la possibilità di mettere in discussione gli standard. Per gli Usa il principio di precauzione non è scientifico e, in base alle nuove regole, potrebbe essere messo in discussione aprendo, successivamente, le porte ai prodotti alterati americani. Le compagnie americane vogliono vendere cibo in Europa, non c’è dubbio, e anche se il Ttip non conterrà un paragrafo specifico su questo ci potranno essere delle regole che le compagnie potranno sfruttare per raggiungere questo obiettivo. L'Afl-Cio sostiene il principio di precauzione e pensa che il Ttip non debba toccarlo. Al contrario potrebbe essere un’occasione per elevare gli standard di produzione americani. Non voglio accusare nessuno di disonestà ma è molto facile dire quello che un accordo commerciale non comprende. La verità è che se non sei in quella stanza delle decisioni dove si disegnano le regole e non sai come verranno applicate con l’ausilio di avvocati molto creativi, è molto improbabile che queste promesse saranno mantenute. Ecco perché noi dovremmo entrare in quella stanza e partecipare al processo.

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