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UAW vs Chrysler: Intervista a Marianna De Luca


Con la rituale stretta di mano fra i rappresentanti della Ford e del sindacato UAW iniziano ufficialmente i negoziati per il rinnovo del contratto collettivo con le Big Three di Detroit. Il processo negoziale si apre in un clima sostanzialmente diverso rispetto a quattro anni fa quando l'industria americana cercava di riprendersi da una delle più grandi crisi della sua storia. Una crisi da cui GM e Chrysler non si sarebbero potute salvare senza il bail out governativo e senza la collaborazione dei sindacati che accettarono, in quella specifica circostanza, molti compromessi pur di salvare i posti di lavoro e far ripartire la produzione. Oggi, quelle scelte sofferte si sono dimostrate vincenti e il sindacato si siede al tavolo con l'obiettivo di migliorare sensibilmente la condizione dei lavoratori con un'attenzione particolare alla questione salariale. Una questione che è anche al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica statunitense che ha visto sì la creazione di nuovi posti di lavoro ma che ha anche visto cadere in picchiata la qualità della nuova occupazione e crollare il potere d'acquisto delle famiglie. Quanto avverrà nel settore dell'automotive potrà dunque rappresentare un punto di riferimento per tutto il mercato del lavoro americano e rappresentare il punto di partenza per una nuova offensiva per la sindacalizzazione delle fabbriche dei produttori stranieri negli Usa. I negoziati sono infine importanti anche per il mercato del lavoro italiano considerando la tendenza di Sergio Marchionne a voler armonizzare i sistemi sulle due sponde dell'Oceano.

Le negoziazioni per il rinnovo del contratto fra Uaw e le big three di Detroit stanno per iniziare. Lo scenario è molto diverso da quello di 4 anni fa quando l'intero settore era in grande difficoltà. Con quale spirito ci si confronterà in questo nuovo round negoziale?

Ė opportuno sottolineare che le Big Three non hanno gli stessi problemi di affrontare: Ford, ad esempio, che a suo tempo fece fronte alla crisi dell’auto con risorse proprie, senza fare come le altre due aziende ricorso al prestito dei governi degli Stati Uniti e del Canada, sente maggiormente l’esigenza di una ristrutturazione del costo del lavoro. Ford aprirà i negoziati il 23 luglio, ma ha già fatto sapere che le trattative che si apriranno a settembre dovranno avere come punto di riferimento il costo del lavoro dei concorrenti stranieri. L’avvio dei negoziati è stato preceduto da una fase di elaborazione della tornata contrattuale che a settembre coinvolgerà tutte le aziende del settore automobilistico (ma anche in altri importanti settori industriali si devono affrontare i problemi del rinnovo; e di ciò sarà opportuno tenere conto), nelle quali UAW è l’agente negoziale esclusivo. Il clima è cambiato. Le aziende, dopo la crisi, hanno registrato anni di elevate e, ci si augura, consolidate condizioni di profittabilità. Il sindacato e i lavoratori chiedono, ora, di avere la loro parte nei benefici, ma senza tornare al sistema di indicizzazione dei salari al costo della vita: il sistema di retribuzione legato alla produttività e ai profitti verrà infatti con ogni probabilità riconfermato. Quello che si aspetta UAW non è solo un incremento dei salari per i neoassunti, ma un consolidamento della sua posizione e del riconoscimento del sindacato e dei lavoratori effettivamente come partner del management nello sviluppo delle imprese. L’idea del profit-sharing fa parte del DNA di UAW, ma gli azionisti non devono avere nulla da temere. L’esigenza di sottolineare questo profilo è, evidentemente, tesa a contrastare la profonda avversione per il sindacato di ampi settori dell’economia e della politica attuale. Ma torniamo alla sua domanda. Lo spirito con il quale il sindacato affronta il negoziato è quello di uscire dall’emergenza e puntare a ridurre le disparità di trattamento all’interno del mondo del lavoro. GM e FC affrontano le trattative mostrandosi fiduciose di poter trovare un buon compromesso. È troppo presto però per fare qualunque previsione.

I colletti blu impiegati dalle Big Three sono circa 138 mila in tutto il paese. Un terzo di questi sono stati assunti dopo il 2011. Significa che il precedente accordo ha portato ad ottimi risultati? Sia la GM che la Ford hanno distribuito bonus importanti ai lavoratori, però i salari sono al palo da molti anni.

È così. Grazie agli incentivi governativi e ad accordi sul costo del lavoro vantaggiosi per le imprese, hanno fatto rientro negli Stati Uniti produzioni che erano state allocate in altri Paesi. GM ha totalizzato circa 10.000 nuove assunzioni e 6.6 miliardi di dollari di profitti. Nel 2015 ha pagato ai suoi 48.000 lavoratori rappresentati da UAW un bonus annuale che ha raggiunto la cifra record di 9.000 dollari, in sostituzione di incrementi del salario fisso. È un sistema che consente alle imprese di corrispondere ai lavoratori una retribuzione aggiuntiva variabile effettivamente collegata ai risultati conseguiti e alla ability-to-pay dell’impresa. È chiaro però che non potrà essere sempre così e le possibilità di investimenti e assunzioni non sono infinite. Anche se le cose continueranno ad andar bene, ci sarà nei prossimi anni un tasso più contenuto di espansione, se non addirittura una battuta di arresto.

La questione salariale è al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica negli Usa. Quanto sarà cruciale nelle negoziazioni? Si supererà il sistema del doppio livello salariale per neo assunti e veterani?

Non credo. È probabile che si accorcino le distanze, ma non credo che sarà possibile azzerare il differenziale salariale. L’obiettivo centrale per il sindacato americano sembra essere a mio avviso quello di ripristinare il potere di acquisto dei lavoratori e della classe media puntando sull’estensione di “buoni posti di lavoro”, e quelli dei lavoratori delle Big Three rientrano certamente per la maggior parte in questa categoria: lavori, cioè, che assicurano stabilità del posto di lavoro, un salario adeguato, condizioni di lavoro sicure, l’assistenza sanitaria e la pensione. Il problema del sindacato in America è quello di ridurre i divari e dimostrare che si può essere competitivi e assicurare agli azionisti margini elevati di profitti anche «grazie al sindacato», e non più «nonostante gli impedimenti frapposti dal sindacato».

Il tema dominante dei negoziati che si svolgeranno nei prossimi anni - UAW si muove in una prospettiva di lungo periodo - , ruota intorno all’obiettivo di ‘bridging the gap’, ovvero di accorciare le distanze tra lavoratori con più elevata anzianità di servizio e nuovi assunti, tra lavoratori temporanei e lavoratosi stabili, tra lavoro pubblico e privato, tra assistenza sanitaria e trattamento pensionistico di chi è già in pensione e chi è ancora al lavoro, tra lavoratori che hanno una rappresentanza sindacale e un contratto e chi invece non ce l’ha, tra chi lavora in ambienti nei quali la salute e la sicurezza sono tutelate e quanti operano in ambienti pericolosi e/o insalubri. Tema centrale, quindi, sembra essere non solo il salario, ma piuttosto quello dell’equità, sia all’interno delle singole aziende sia, più in generale, nell’ambito dell’intero mondo del lavoro.

Se non si ha in mente questo obiettivo non si comprende come mai UAW e GM nel sito che condividono e che anche quest’anno è stato allestito per gestire congiuntamente le trattative, espongano con orgoglio un lungo elenco di investimenti effettuati sul territorio nazionale degli Stati Uniti, che hanno generato migliaia di nuovi posti di lavoro. GM si presenta come un’azienda che investe nel futuro del Paese e UAW come un partner, non un avversario, nelle strategie di crescita e di espansione. Sono il frutto di relazioni sindacali che si fanno vanto di essere in grado di individuare in modo non conflittuale soluzioni innovative e creative. Ne è espressione (e la circostanza può far sorridere, attestando ancora una volta come l’America sia un altro mondo rispetto all’Europa) il fatto che i componenti delle due delegazioni affrontano i negoziati indossando magliette tutte uguali sulle quali è riprodotto il logo di UAW accanto a quello di GM.

Anche Marchionne non si è risparmiato nel dichiarare, negli Stati Uniti, mutuo rispetto e disponibilità ad affrontare il tema del divario salariale tra neo assunti e lavoratori con esperienza.

L'Uaw recupera un diritto a cui aveva per qualche anno rinunciato: quello allo sciopero. Ne potrebbe far uso?

In effetti, nel precedente accordo di rinnovo del contratto era previsto che le Parti avrebbero risolto le loro controversie senza fare riscorso allo sciopero per l’intero il periodo di vigenza del contratto, avvalendosi – se del caso – di un organismo federale di mediazione e conciliazione. Una volta scaduto il contratto (cosa che avverrà nel mese di settembre) UAW potrebbe quindi, in linea di principio, tornare ad avvalersi dell’arma dello sciopero. Ma non credo che ciò accadrà: per UAW lo sciopero è veramente l’ultima risorsa da utilizzare in caso di conflitti con l’azienda, a maggior ragione in un momento nel quale le aziende spingono per aumentare la produzione e il sindacato ha legato le sorti del salario a quelle dei risultati dell’azienda.

Ma in ogni caso non mi sembra che, nella realtà americana, si debba attribuire particolare rilievo alla rinuncia allo sciopero fatta dal sindacato: è normale in America non scioperare in vigenza di contratto e cercare di risolvere le controversie sulla sua applicazione con altre modalità. Altrimenti che senso avrebbe firmare un accordo se ciò non assicura un lungo periodo di ‘tranquillità sociale’? Lo so che in Italia non è scontato che sia così, e ho detto infatti che l’America è “un altro mondo”, ma dovrebbe essere così anche da noi. In America è un tema di credibilità, ma anche di capacità di ‘governo’ delle strutture sindacali locali da parte della UAW Internazionale che firma il contratto collettivo che si applica, integrato da accordi locali, in tutti gli stabilimenti del Gruppo.

Qual è la situazione in particolare di Fiat Chrysler dove ben il 40% degli operai sono al livello salariale d'entrata? Marchionne ha presenziato personalmente alla tradizionale cerimonia dell'apertura delle negoziazioni dicendosi disponibile al superamento del doppio livello salariale. Quale il suo rapporto con i sindacati? Le decisioni prese negli Usa potrebbero avere ripercussioni in Italia?

Le decisioni prese negli USA hanno già avuto ripercussioni in Italia; basta dare uno sguardo anche sommario ai contenuti dell’accordo stipulato in Italia il 7 luglio scorso. Il nuovo modello retributivo, il sistema di classificazione del personale, gli orari di lavoro … tutto sembra essere in linea con il modello di organizzazione della produzione che intende essere tendenzialmente comune. Le influenze, probabilmente, sono bidirezionali: il sistema WCM-Ergo Uas viene dall’Italia, ma è ormai pienamente integrato negli Stati Uniti. Anche le relazioni sindacali tra il management e i sindacati, in Italia come negli USA, sembrano più distese, anche perché la situazione economica e di mercato è cambiata in meglio. Non credo che quattro anni fa Marchionne, pur avendo mostrato fin dall’inizio di preferire UAW ai sindacati italiani, avrebbe rilasciato la seguente dichiarazione: «FCA US and the UAW have a long standing partnership that has a proven track record of being able to overcome challenges when faced with adversity […] There is a great deal of mutual respect between us, and I am confident that we have the right leadership and the right teams in place to negotiate a long-term, responsible agreement.». Con essa - che ricorda un po’ il contenuto delle ‘premesse politiche’ dei nostri contratti collettivi - Marchionne riconosce il valore di una lunga storia di confronto e di collaborazione tra FCA US e UAW, che gli ha consentito di superare con successo le sfide dei momenti difficili; il profondo rispetto reciproco che caratterizza le loro relazioni gli consente oggi, con il team e la leadership giusti, di guardare con fiducia all’avvio delle trattative per la negoziazione di un contratto che auspica sia responsabile e adeguato alle esigenze di lungo periodo dell’azienda e dei lavoratori.

Al netto delle enfasi cerimoniali, in questi quattro anni ci sono stati importanti cambiamenti nelle relazioni industriali Fiat-Chrysler, che a me sembrano positivi. Anche se le mie preferenze vanno allo stile GM-UAW, che insieme hanno scelto di non condurre le trattative sulle pagine dei giornali. Noi abbiamo meno dichiarazioni da commentare, ma loro possono dedicare più tempo ad esaminare i problemi sul tavolo e un po’ meno a gestire le comunicazioni esterne.

Qual è la situazione attuale nelle fabbriche di altri produttori, tedeschi e giapponesi, dove il sindacato incontra maggiori difficoltà? La competizione di questi produttori rischia di creare problemi ai sindacati, specialmente nell'ambito dei correnti negoziati?

Per quanto riguarda il raffronto competitivo, il costo del lavoro dei concorrenti è il punto essenziale di riferimento per le aziende e, come ho già detto a proposito di Ford, i problemi della competizione sono al centro del tavolo delle trattative. Più che un problema per il sindacato sono un elemento di cui tutti dovranno tenere conto. Peraltro le retribuzioni delle case automobilistiche europee e orientali non sono sempre e necessariamente inferiori. Ma la competizione non si gioca solo sul costo del lavoro.

Non meno importante è il tema delle possibilità di espansione della rappresentanza sindacale oltre i confini delle Big Three. Se UAW ottenesse la rappresentanza sindacale anche dei loro lavoratori, certo il controllo della competizione sul costo del lavoro sarebbe più agevole. Ma UAW non è ancora riuscita ad ottenere la rappresentanza negoziale in nessuna delle aziende automobilistiche straniere che sono collocate prevalentemente nel Sud degli Stati Uniti, dove beneficiano di consistenti incentivi di localizzazione da parte dei governi statali. Qualche passo avanti è stato fatto, grazie all’alleanza con IGMetall, negli stabilimenti delle case automobilistiche tedesche, in particolare con VW che ha riconosciuto ai sindacati che abbiano un adeguato livello di rappresentanza la possibilità di incontrarsi periodicamente con il management per discutere insieme, ma senza possibilità di stipulare un contratto collettivo fino a quando non avranno dimostrato di rappresentare più del 50% dei lavoratori. A dire il vero UAW nella fabbrica VW di Chattanooga Tennessee ha già un numero di iscritti tra i lavoratori che supera questa soglia, ma è alle prese con i complessi problemi che la legislazione Usa pone per la certificazione di questo risultato, quando sia stato ottenuto senza passare per le elezioni. Io penso che ce la faranno, ma va sottolineato che le difficoltà lì non vengono dall’azienda, che ha dimostrato di essere rispettosa della volontà dei lavoratori, ma dall’opposizione dei politici e del Governatore del Tennessee che hanno condotto una campagna contro la sindacalizzazione, con minacce e atti concreti di ritorsione nei confronti del lavoratori, che è stata determinante per il mancato raggiungimento della soglia da parte del sindacato nelle elezioni del febbraio 2014. A quel punto il sindacato ha puntato sulla strada del riconoscimento volontario da parte dell’azienda. Per dimostrare qual è il numero degli iscritti che rappresenta, ha pensato di utilizzare la certificazione dei dati sui contributi associativi prevista da una legge federale. VW si trova nella non facile situazione di non voler scontentare IGMetall ma anche di non voler rinunciare ai contributi del Governo. La soluzione di questo problema non sarà facile, ma non è esclusa una soluzione positiva.

Intervista pubblicata su Conquiste del Lavoro

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