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Il gigante EUSA calpesta la democrazia


Intervista al professor Giuseppe Celi, economista dell'Università di Foggia e studioso del trattato transatlantico, che invita a non fidarsi troppo del gigante “EUSA”. La creazione del più grande mercato unico del mondo, attraverso l'eliminazione delle tariffe e la riduzione delle barriere non tariffarie, è un obiettivo ambizioso giustificato dalla necessità di un nuovo stimolo alla crescita ma anche dalle preoccupazioni relative alla crescita e all'influenza della Cina. Il progetto di Unione Europea e Stati Uniti non sembra però tener in conto i costi sociali di una simile operazione. O meglio, non sembra volerne tenere conto, considerando la sistematica esclusione dei rappresentanti della società civile dai tavoli negoziali. Sulle due sponde dell'Oceano non sono però solo attivisti e sindacalisti ad alzare la voce. Il gruppo di intellettuali e ricercatori che mettono in guardia dagli “effetti collaterali” del Ttip è oramai troppo nutrito per passare inosservato.

Professor Celi, il Ttip viene presentato come un'opportunità di sviluppo sia per gli USA sia per l'UE. La questione va però al di là di un semplice spot pubblicitario. Cosa ne pensa?

Il Ttip è stato promosso come veicolo di benefici economici per entrambe le sponde dell'Atlantico ma le reali prospettive di crescita appaiono al contrario piuttosto limitate e soprattutto distribuite in modo non uniforme tra l'UE e gli USA e all'interno della stessa UE. Inoltre, l'aumento dei flussi di scambi bilaterali produrrebbe una deviazione sostanziale dal commercio intra-UE che potrebbe minare la sostenibilità della zona euro e sarebbe controproducente per i paesi del Sud Europa. Infine, i costi di adeguamento e quelli sociali del Ttip potrebbero essere drammaticamente alti.

Tentativi simili sono stati effettuati nel passato ma senza successo. Cosa è cambiato?

Effettivamente già durante le amministrazioni Clinton e Bush furono effettuati tentativi simili senza successo. Diversamente dal passato, la situazione attuale dell'economia mondiale presenta un numero maggiore di fattori che giustificano un impegno più deciso per raggiungere un accordo transatlantico. La crescita lenta dell'economia americana e la recessione profonda che coinvolge i paesi della zona euro, ancora impantanati nelle politiche di austerità, rappresentano due buone ragioni per entrambe le sponde dell'Atlantico per contare sullo stimolo economico fornito dal Ttip, anche se il reale impatto dell'accordo, in termini di aumento del Pil e dell'occupazione, è ancora al centro di discussioni.

C'è poi la questione geopolitica, più volte citata dallo stesso Obama...

Alla fine del 2014 la Cina ha superato gli Stati Uniti in termini di Pil a parità di potere d'acquisto, diventando la più grande economia del mondo. Questo sorpasso testimonia la rapida crescita della Cina e la sua capacità di rafforzare il suo ruolo nel ridisegnare l'ordine economico mondiale. Il Ttip è un’iniziativa considerata necessaria dalla UE e dagli USA per prendere le redini della governance economica mondiale e rilanciare l'ordine economico internazionale liberale. In altre parole, il Ttip consentirebbe all'UE e agli USA di impostare insieme le regole del commercio globale, controbilanciando l'attuale riposizionamento del baricentro economico mondiale verso la Cina (e l'area Asia-Pacifico). La definizione congiunta UE-USA di standard normativi comuni incoraggerebbe i paesi terzi a conformarsi alle condizioni transatlantiche.

Lei sottolinea, nei suoi studi, un altro aspetto importante relativo alle catene di fornitura globali.

E' un ulteriore aspetto che spinge UE e USA a raggiungere un accordo sul Ttip. Lo sviluppo delle catene globali nel corso degli ultimi due decenni segna il passaggio dal "vecchio paradigma" al "nuovo paradigma" della globalizzazione. Le catene globali stanno modificando profondamente la struttura del commercio mondiale ponendo nuove sfide per la governance. Con la frammentazione internazionale della produzione, parti e componenti attraversano i confini nazionali molte volte. Il buon funzionamento delle catene globali richiede, tra l'altro, la certezza, la compatibilità e la buona organizzazione dei controlli regolamentari nelle economie coinvolte. La definizione di norme comuni e standard normativi - soprattutto in settori caratterizzati da complesse catene di valore e in cui gli obiettivi di libero commercio e di regolamentazione convergono, come l'agricoltura, i prodotti farmaceutici, l'industria automobilistica, ecc - ridurrebbe la duplicazione onerosa di test, certificazioni e controlli. Un regime normativo comune che copre un mercato di 800 milioni di consumatori faciliterebbe l'attività degli esportatori e degli investitori.

Quali sarebbero gli impatti del Ttip in Europa? Lei ha suggerito che il trattato potrebbe sfavorire l'integrazione europea e addirittura minare la tenuta dell'Eurozona.

La situazione attuale dell'economia europea è caratterizzata da una differenziazione tra gli Stati membri in relazione alla loro performance economica. Ci sono "due Europe": da un lato la Germania, dall'altro Italia, Spagna, Grecia, Portogallo. Se prendiamo in riferimento il rapporto del centro studi CEPR (2013) sugli effetti economici del Ttip e se ci concentriamo sulle esportazioni bilaterali dell'UE, si può osservare che il maggiore impatto positivo innescato dal Ttip si trova in un gruppo ristretto di settori industriali: veicoli a motore, metalli/prodotti in metallo, prodotti alimentari trasformati, prodotti chimici, macchinari elettrici. In questi settori, l'aumento delle esportazioni bilaterali dell'UE varia dal 35% (macchine elettriche) al 148,7% (veicoli a motore). Significativamente, questi settori rappresentano più della metà delle esportazioni tedesche e hanno trainato il loro modello di crescita basato sull'export. Una Germania che si allontana dai partner europei e che stringe relazioni privilegiate con gli USA potrebbe causare effetti imprevisti e mettere in discussione la stessa sostenibilità dell'euro. Se la futura prosperità della Germania dipenderà più dall'integrazione economica con gli Stati Uniti e meno dall'integrazione con l'UE, l'impegno tedesco a salvaguardare l'unione monetaria potrebbe vacillare.

Ci sono poi da considerare i costi sociali che lei ha definito “drammatici”.

Le esperienze passate hanno rivelato che i costi di aggiustamento e quelli sociali derivanti dai processi economici attivati dalla rimozione delle barriere tariffarie e non al commercio potrebbero essere rilevanti. Il rischio di sottovalutare i costi sociali è evidente nel caso del Ttip, una riforma del commercio globale che copre una vasta gamma di settori e tematiche: agricoltura, prodotti industriali, servizi, appalti pubblici, finanza, diritti di proprietà intellettuale, energia, ecc. Il settore agricolo appare particolarmente esposto. L'apertura dei mercati europei a prodotti vietati nell'UE (Ogm, carne di manzo e di maiale trattata con gli ormoni, pollo sterilizzato col cloro) avrebbe pesanti ripercussioni sulla sicurezza sanitaria e sul modello di agricoltura sostenibile che diversi paesi europei hanno iniziato a promuovere negli ultimi anni. Inoltre, le perdite in termini di posti di lavoro in agricoltura sarebbero più elevate nei paesi periferici dell'UE, dove l'occupazione agricola, come quota dell’occupazione complessiva è più alta. Ciò contribuirebbe ad allargare il divario Nord-Sud nella UE. C'è poi la questione dei diritti di proprietà intellettuale che ha diverse implicazioni per il benessere dei cittadini europei: per esempio, più forti diritti di proprietà intellettuale ridurrebbero l'accesso ai farmaci generici. In terzo luogo, l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza estera è fonte di perdita di benessere per i cittadini europei, perché la parità di trattamento tra imprese locali e transnazionali provocherebbe il ridimensionamento dei servizi pubblici conducendo a privatizzazioni generalizzate.

Uno strumento in mano alle aziende per raggiungere i loro obiettivi è il meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato denominato Isds. Cosa pensa di questo sistema?

Penso che è probabilmente il meccanismo più micidiale, in termini di attacco ai diritti e al benessere dei cittadini, emblematico della perdita di sovranità (e della democrazia) che la globalizzazione impone alle comunità nazionali. Il meccanismo consente a una multinazionale di denunciare il governo del paese ospitante quando le sue leggi nazionali sono percepite come un danno ai profitti aziendali. Anche i diritti dei lavoratori potrebbero essere coinvolti in controversie investitore-Stato, come nel caso di Veolia, una multinazionale francese che nel 2012 ha citato in giudizio l'Egitto su alcune misure riguardanti il mercato del lavoro, tra cui un aumento del salario minimo. L'aumento è stato considerato inaccettabile da parte della società, in quanto il miglioramento delle condizioni di lavoro avrebbe violato il partenariato pubblico-privato firmato da Veolia e governo egiziano per lo smaltimento dei rifiuti. Pertanto, il meccanismo Isds sarebbe uno strumento che le multinazionali di entrambi i lati dell'Atlantico utilizzerebbero abbondantemente al fine di disciplinare gli Stati. Di conseguenza, al fine di evitare compensazioni pesanti che potrebbero deteriorare i bilanci pubblici, i governi sarebbero costretti ad astenersi dall'emanare provvedimenti potenzialmente invisi alle multinazionali o potrebbero essere addirittura indotti a legiferare a favore degli investitori. In entrambi i casi, l'interesse del pubblico e il benessere sociale sarebbero compromessi. Il meccanismo Isds è la più inquietante disposizione che potrebbe essere attivata nel Ttip perché simboleggia l'onnipotenza della globalizzazione nel limitare la sovranità delle comunità nazionali e la loro capacità di preservare la sicurezza della salute, dell'ambiente e del diritto del lavoro.

I rappresentanti della società civile sono stati sostanzialmente esclusi dai negoziati. Quali sono le reali motivazioni dietro questa modalità? Un ruolo attivo dei sindacati e di altre organizzazioni della società civile nelle negoziazioni potrebbe ridurre i paventati costi sociali?

Sin dall’inizio i negoziati sono stati riservati e hanno escluso sostanzialmente i rappresentanti della società civile. La motivazione ufficiale è stata che, data la vastità dei temi trattati, il coinvolgimento delle parti sociali su temi particolarmente sentiti dai cittadini (la salute, il lavoro, l’ambiente, etc.) avrebbe comportato il rischio di impantanare sin dall’inizio i negoziati, bloccando il raggiungimento di un accordo anche su questioni meno controverse. Per fare un esempio: gli Stati Uniti vorrebbero liberalizzare l’agricoltura mentre gli europei (soprattutto i tedeschi) vorrebbero concordare standard comuni soprattutto nel settore automobilistico, che sembrerebbe un settore meno problematico. Tutto sommato, un cruscotto è un cruscotto e trovare standard costruttivi comuni agevolerebbe gli scambi commerciali UE-USA senza particolari conseguenze sul welfare dei cittadini. Pertanto, se i cittadini europei che si oppongono agli OGM avessero la possibilità di far sentire la loro voce nei negoziati, questo potrebbe provocare malumori sul fronte statunitense ritardando un accordo in ambito automobilistico, settore più agevole per un’intesa anche se la vicenda Volkswagen complica ulteriormente il quadro, dimostrando che le implicazioni per la salute dei cittadini riguardano pesantemente anche il settore automobilistico e non solo l’agricoltura. E’, quindi, la necessità di evitare veti incrociati la motivazione ufficiale alla base del mancato coinvolgimento dei rappresentanti della società civile. Comunque, mi sembra che la voce della società civile a poco a poco stia filtrando nei luoghi istituzionali deputati a discutere i negoziati. In USA, Obama ha avuto difficoltà a far approvare il fast track per l’approvazione del Tpp mentre molti politici influenti, come la Clinton, si sono detti contrari sia al Tpp sia al Ttip. In Europa, il Parlamento Europeo ha dovuto rinviare più volte l’approvazione della risoluzione sul Ttip, per la presenza di innumerevoli emendamenti contrari, o tendenti a mitigare, gli aspetti più controversi del Ttip in termini di costi sociali.

Intervista pubblicata su Conquiste del Lavoro.

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