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I sindacati europei e la crisi dell’Europa del lavoro


L'intervento di Luca Visentini, segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati, all'assemblea orgaizzativa della Cisl tenutasi a Riccione dal 16 al 19 novembre 2015.

Rilanciare il ruolo del sindacato europeo attraverso un nuovo impulso alla negoziazione con le istituzioni europee e con i governi nazionali per cambiare politiche economiche sbagliate basate sull'austerità, per promuovere la crescita e per restituire centralità al modello sociale europeo. Una battaglia da affrontare e da vincere insieme, secondo Luca Visentini, segretario generale della Ces, la Confederazione Europea dei Sindacati, che ha denunciato, dallo stage di Riccione, un attacco coordinato ed esteso, in atto in tutti i paesi comunitari, al lavoro organizzato. I sindacati devono allora uscire dall'assedio e rilanciare con più contrattazione, con un maggiore impulso allo sviluppo di politiche economiche effettive ed inclusive, con un ruolo rafforzato nella promozione di politiche per l'inclusione dei lavoratori attualmente lontani dai sindacati e per l'integrazione dei migranti.

Una svolta possibile, necessaria e urgente secondo il neo segretario della Ces che punta il dito contro le recenti ricette imposte dall'alto che non hanno prodotto, come ampiamente preventivato dai sindacati, alcun risultato apprezzabile in termini di crescita economica e occupazionale. I sindacati devono allora lavorare insieme per chiedere ad alta voce una svolta a partire da un rilancio degli investimenti pubblici. L'esperienza degli Stati Uniti nel settore dell'economia digitale, con aziende attualmente leader nel mercato globale come Google, Microsoft, Apple, dimostra la centralità degli investimenti pubblici in qualsiasi progetto di sviluppo. Gli investimenti privati non bastano, considerando che i privati sono disponibili ad investire solo se non c'è un ambiente adeguato costruito dal settore pubblico: “Aziende come Microsoft Apple Google, Facebook, - ha spiegato Visentini - sono nate e cresciute grazie al capitale pubblico e non per gli investimenti privati anche se successivamente i profitti sono stati privatizzati e le tasse vengono pagate nei paradisi fiscali; la quantità e la qualità degli investimenti pubblici saranno allora fondamentali e come sindacati dobbiamo sorvegliare e negoziare i piani di investimento, per essere certi che i soldi vadano per lo sviluppo economico e per costruire una politica industriale dell'Europa che ancora manca”.

E' allora necessario superare una “politica economica e sociale completamente sbagliata”, riportando al centro dell'azione sindacale la contrattazione. Gli attacchi al mondo del lavoro organizzato sono infatti all'ordine del giorno in tutta l'Unione Europea nonostante sia oramai evidente come i paesi con alta produttività e competitività siano quelli con forti relazioni industriali e forti modelli di protezione sociale gestiti e finanziati dal settore pubblico. E' allora cruciale difendere e rilanciare la contrattazione considerando che anche in paesi come il Regno Unito, la Spagna, la Germania e la Finlandia, la crisi della rappresentatività si fa sempre più grave: “Sono rimasti sette o otto paesi in Europa – ha detto ancora Visentini - dove la contrattazione collettiva nazionale di settore è sopravvissuta mentre in tutti gli altri paesi esiste prevalentemente o soltanto la contrattazione aziendale e il salario minimo legale; in Germania il sindacato sta vivendo una crisi di rappresentatività e di iscritti a causa dell'ultima riforma del mercato del lavoro che ha creato 7,5 milioni di nuovi occupati senza alcuna tutela e che ha visto il 55% delle imprese uscire dall'organizzazione degli industriali”.

Con la crisi della rappresentanza è conseguentemente diminuito il potere d'acquisto dei lavoratori costretti in un mercato del lavoro sempre più caratterizzato da precarietà e bassi salari. Esercitare pressione sui salari rappresenta però una politica controproducente in un'Europa che basa la sua economia sulla domanda interna. Il 70% dei prodotti europei rimane infatti in Europa a disposizione di consumatori che non sono però in grado di acquistarli. Aumentare i salari e il potere d'acquisto dei lavoratori è dunque un passaggio centrale per la ripresa economica dell'Europa che non può cercare ulteriori scorciatoie. Così come le vecchie ricette dell'austerità hanno fallito, anche le nuove ricette non sembrano andare nella giusta direzione a partire dal piano Juncker che non risulta sufficiente a innescare la ripresa. Ma è anche il caso dei trattati di libero commercio che promettono, ma non assicurano, aumenti di pil e occupazione. I sindacati internazionali, quelli europei e quelli americani sono molto preoccupati rispetto agli effetti controproducenti che l'ennesima ricetta economica imposta dall'alto potrebbe produrre: “La nostra opinione – ha dichiarato Visentini a Conquiste – è molto negativa sui trattati come il Ttip considerando che non possiamo partecipare ai negoziati che avvengono in maniera opaca; è una preoccupazione condivisa con i sindacati americani con cui abbiamo programmato un incontro a marzo a Washington per decidere il da farsi”.

Per uscire dall'impasse è allora necessario contrastare in primo luogo le politiche sbagliate attraverso la negoziazione e puntare sull'inclusione di milioni di lavoratori attualmente lontani dal sindacato. Lavoratori precari, atipici, informali e immigrati devono essere avvicinati con un messaggio meno burocratico e più agile e diretto. L'inclusione è, d'altra parte, fondamentale per la ricostruzione di un modello sociale europeo altamente danneggiato dalla crisi e dalle politiche di austerità. L'inclusione deve riguardare anche i lavoratori migranti come spiega ancora Visentini che fa un riferimento diretto ai recenti attentati di Parigi: “L'immigrazione – ha detto il numero uno della Ces – è erroneamente collegata al terrorismo ma è piuttosto la mancata integrazione ad esserne alla base, come dimostra il fatto che gli attentatori di Parigi sono soprattutto cittadini francesi e belgi: dove c'è povertà ed esclusione sociale l'estremismo attecchisce”.

Articolo pubblicato su Conquiste del Lavoro.

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