EGITTO: IL J'ACCUSE DELL'ILO
Alta pressione sull'Egitto per chiedere la verità sulla morte di Giulio Regeni. Le richieste di collaborazione formulate dal governo italiano al Cairo, che ha annunciato di considerare chiuse le indagini, sono ora sostenute anche dall'Ilo, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, che è scesa in campo chiedendo al governo egiziano il rispetto degli accordi internazionali sul lavoro e un'indagine indipendente sull'assassinio del giovane. E che la comunità internazionale si stia muovendo per spingere l'Egitto a scoprire le sue carte è confermato dalla contestuale presa di posizione delle Nazioni Unite che hanno invitato il governo del Cairo a interrompere le azioni repressive nei confronti delle organizzazioni non governative e degli attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani. Posizioni sollecitate dai sindacati che, sin dal primo momento, avevano richiamato l'attenzione del governo italiano e della comunità internazionale sulla gravità del caso Regeni e sui comportamenti inaccettabili da parte delle autorità egiziane. Una richiesta formulata all'indomani del ritrovamento del corpo del ragazzo dalla stessa Cisl, che ha aderito alla campagna di Amnesty International per il chiarimento delle circostanze dell'assassinio, e dall'Ituc, la Confederazione Internazionale dei Sindacati.
La morte del ricercatore italiano, “colto” a documentarsi sulle attività dei sindacalisti egiziani e sulla violazione dei loro diritti, rappresenta, fino a prova contraria, il drammatico epilogo di una escalation di violenza da parte delle autorità nei confronti degli attivisti. Trovatosi quasi casualmente a cadere nella rete della repressione, Regeni ha pagato un prezzo troppo elevato per lo svolgimento di attività che possono essere considerate illegali solo da un regime autoritario e antidemocratico. Una deriva liberticida preoccupante che riguarda direttamente l'intera comunità internazionale, come ha sottolineato il direttore generale dell'Ilo, Guy Ryder, che ha indirizzato una lettera al presidente Abdel Fattah el-Sisi con un forte richiamo alle responsabilità del governo egiziano nell'accertamento dei fatti. Il passo ufficiale del numero uno dell'Ilo avviene a seguito dell'allarme lanciato dal Workers Group in occasione del Consiglio d'Amministrazione di marzo dedicato proprio alla violazione dei diritti umani e sindacali in Egitto. In quell'occasione, i rappresentanti dei lavoratori hanno espresso “indignazione” per la scomparsa e l'assassinio del ricercatore italiano rivendicando il diritto ad una investigazione indipendente.
Le accuse dell'Ilo vanno però al di là della morte di Regeni. E' l'intera società egiziana ad essere infatti minacciata dall'ondata repressiva scatenata dal governo, come dimostrano le recenti rappresaglie nei confronti dei sindacati. Attacchi sistematici sostenuti da un recente decreto ministeriale che proibisce il riconoscimento di sindacati indipendenti, impedisce la pubblicazione di documenti ufficiali, inibisce la contrattazione collettiva ed espone i sindacalisti al pericolo di licenziamento e arresto da parte delle autorità. Un atto in aperta violazione della stessa Costituzione egiziana del 2014 e degli accordi internazionali sottoscritti dal governo del Cairo che, sin dal 2008, si è impegnato a riformare il mercato del lavoro secondo gli standard internazionali. Ryder ha dunque invitato il presidente egiziano a revocare il decreto e ad uniformarsi alle norme contenute nelle relative Convenzioni dell'Ilo. Anche in questo caso, si tratta di accordi non rispettati a partire dai diritti di libera associazione e di contrattazione collettiva garantiti dalle Convenzioni 87 e 98 ratificate dall'Egitto.
La stretta operata dal governo ai danni dei sindacati sembra far parte di una strategia più ampia che comprende un attacco sistematico nei confronti degli esponenti della società civile e delle organizzazioni non governative. A lanciare l'allarme una squadra di esperti delle Nazioni Unite che ha denunciato la chiusura arbitraria di molte Ong e l'imposizione di misure coercitive ai danni di molti attivisti per i diritti umani. Nel comunicato delle Nazioni Unite si sottolinea, in particolar modo, la chiusura di un istituto impegnato nella riabilitazione delle vittime di atti di violenza, il Nadeem Center for Rehabilitation of Victims of Violence. Un chiaro tentativo, si legge nel comunicato, di impedire la circolazione di informazioni e denunce sulla violazione dei diritti umani e, in particolare, sui numerosi episodi di tortura: “Il governo egiziano – si legge nelle conclusioni degli esperti Onu – deve immediatamente porre fine a tutti gli atti repressivi e agire concretamente a protezione della società civile”.