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IL TTIP ENTRA NELL'AGENDA CISL: SI' ALLA TRASPARENZA, NO AI TRIBUNALI SOVRANAZIONALI

Avviare reali processi di partecipazione e codecisione in materia di trattati commerciali riconoscendo il ruolo dei corpi intermedi per la tutela del lavoro dignitoso e dei processi democratici evitando di dotare il big business di strumenti potenti, come i tribunali Isds, capaci di agevolare l'aggiramento delle normative nazionali. E' questa la prima richiesta della Cisl, formulata attraverso il segretario confederale Gigi Petteni, al termine del seminario organizzato a Roma e dedicato al Ttip, il trattato transatlantico in fase di negoziazione fra Europa e Stati Uniti. Una richiesta in linea con la dichiarazione di principi comuni Ces/Afl-Cio e che esprime una posizione netta del sindacato di via Po rispetto ad accordi che, riguardando direttamente il mondo del lavoro, non possono continuare ad essere negoziati a porte chiuse. Da questo punto di vista, è da censurare anche il recente tentativo del ministro Calenda di bypassare l'iter parlamentare per l'approvazione del Ceta, il trattato bilaterale con il Canada.

Il seminario, introdotto da Nino Sorgi, coordinatore politiche internazionali e solidali Cisl, ha contato sulla presenza di rappresentanti del sindacato e di esperti del settore e si configura come il primo passo di un processo di approfondimento per coinvolgere i lavoratori e i loro rappresentanti in quello che è stato definito come un “passaggio epocale” in un periodo storico in cui la mancanza di una governance condivisa dei processi della globalizzazione minaccia di destabilizzare i mercati del lavoro di tutto il mondo. E' in questo contesto che il ruolo di un sindacato a forte vocazione internazionale come la Cisl diventa cruciale, come ha spiegato in apertura di lavori Giuseppe Gallo, presidente Fondazione Tarantelli - Centro Studi, Ricerca e Formazione Cisl. La Cisl, ha spiegato Gallo, non è infatti in linea di principio contraria agli accordi commerciali transnazionali ma non può accettare intese opache, subordinate agli interessi del big business, capaci di provocare ricadute su norme e standard acquisiti.

Un rischio effettivo, secondo Giuseppe Iuliano, responsabile internazionale Cisl e componente Cese, che ha sottolineato la portata di un accordo che coinvolge oltre 800 milioni di cittadini e riguarda il 45% del pil mondiale. Iuliano ha richiamato l'attenzione sulla dichiarazione di principi comuni Ces/Afl-Cio in cui si sottolinea il ruolo dei governi nel perseguimento dell'interesse pubblico nell'ambito dei negoziati. Un interesse pubblico evidentemente in pericolo a partire dalla constatazione che gli Isds, i tribunali speciali sovranazionali istituiti per dirimere le controversie fra Stati e multinazionali, rappresentano un'arma troppo potente lasciata nelle mani del big business. I trattati commerciali possono dunque rappresentare un effettivo strumento di governance ma le regole devono essere scritte in maniera democratica, come ha sottolineato Michele Faioli, docente aggregato di diritto del Lavoro dell'Università Torvergata di Roma.

E dopo le manifestazioni di Berlino, che hanno visto scendere in piazza 250 mila persone, anche in Italia il dibattito entra nel vivo. Il 7 maggio scorso migliaia di persone hanno risposto all'appello della “Campagna Stop Ttip Italia” che ha organizzato un'imponente manifestazione nelle strade di Roma. Gli interessi e i diritti, in mancanza di una rappresentanza effettiva dei lavoratori, non viaggiano alla stessa velocità, secondo la coordinatrice della Campagna, Monica Di Sisto, che critica la stessa impalcatura bilaterale dell'accordo. In un momento in cui il mondo è sempre più interconnesso, tornare a puntare sull'atlantismo può rivelarsi infatti una scelta anacronistica. Rivitalizzare il Wto, l'Organizzazione Internazionale del Commercio, per discutere di accordi di ampio respiro e con una maggiore partecipazione democratica, rappresenta una scelta che appare più adeguata alle sfide della globalizzazione. L'interesse primario degli Usa, ha messo in guardia la portavoce della Campagna, è quello di avere accesso ai nostri mercati ma per far questo devono superare lo scoglio degli standard elevati presenti nella Ue.

Standard a cui non sarebbe saggio rinunciare, secondo Luigi Sbarra, segretario generale della Fai, che sottolinea come la metodologia negoziale del Ttip non sia accettabile così come i contenuti fino ad ora trapelati. Una situazione “grottesca”, secondo Sbarra che mette a rischio in particolare il settore agro alimentare particolarmente sensibile allo smantellamento normativo. L'opacità del processo negoziale non è dunque ammissibile mentre, nel merito, è necessario pretendere norme ferree su etichettatura, tracciabilità, dumping oltre che a riferimenti chiari alle raccomandazioni Ilo e alla contrattazione collettiva. Una fase estremamente delicata in cui c'è bisogno di più sindacato, come sottolin

ea Gabriele Canali, docente aggregato di Diritto del Lavoro dell'Università Cattolica di Milano, molto critico sullo stesso mandato negoziale dell'Eu che mette a rischio proprio le indicazioni geografiche, strategiche per il nostro paese.

Conclusioni del seminario affidate al segretario confederale della Cisl, Luigi Petteni, che sancisce l'entrata della “questione Ttip” nell'agenda Cisl. Il sindacato non ha, d'altra parte, paura del nuovo ma non può affidarsi alle promesse poiché la storia insegna come “a nuove espansioni non corrispondano necessariamente nuove assunzioni”. Il mantra dell'apertura dei commerci e delle liberalizzazioni, ha concluso Petteni, ha già dimostrato di non essere affidabile mentre la crisi dovrebbe aver insegnato a guardare in altre direzioni e in particolare a ragionare sul ruolo del pubblico per il rilancio dell'economia in un'ottica di sviluppo equo e sostenibile.

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