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INTERVISTA A JAMES GALBRAITH: TRUMP INESPERTO E IMPREVEDIBILE

Un presidente senza alcuna esperienza politica, eletto grazie a promesse non realistiche che hanno puntato esclusivamente ad accaparrarsi quella consistente fetta di elettorato americano delusa dall'amministrazione democratica. Un presidente imprevedibile, dunque, anche se le prime nomine delineano un approccio conservatore e poco disposto a fare gli interessi dei tanti lavoratori che hanno deciso di votarlo. Da questo punto di vista, la presidenza Trump si prospetta come una delle più avverse ai sindacati nella storia americana. Il risultato elettorale ci parla allora anche dello stato confusionale in cui sembra precipitata la democrazia americana con gli aventi diritti al voto sempre più inclini a seguire leader populisti piuttosto che ambire a una reale comprensione delle dinamiche politiche. E' questo il ritratto che l'economista americano James K. Galbraith dipinge del neo presidente Donald Trump. Conquiste ha intervistato il professor Galbraith per comprendere quali sono le aspettative circa l'operato del nuovo inquilino della Casa Bianca.


Professor Galbraith, la prima curiosità rispetto a Donald Trump è come si comporterà in ambito economico sia a livello nazionale sia a livello internazionale.

Parliamo di un presidente senza alcuna esperienza politica e questo è una novità per gli Usa. Anche altri presidenti dal profilo criticabile, come Reagan o Bush, avevano perlomeno ricoperto il ruolo di Governatori. Rispetto a quanto Trump vorrà realizzare a livello economico, possiamo fare solo delle previsioni basate su quanto dichiarato in campagna elettorale. Il suo programma si concentra su un aumento degli investimenti e sulla riduzione delle tasse, misure che dovrebbero condurre a un effetto espansivo sull'economia, al netto dei tassi di interesse. L'altro aspetto è quello dell'annunciato processo di deregolamentazione che potrebbe avere un effetto controproducente sullo sviluppo del settore delle nuove energie che è molto importante per il paese. C'è un rischio consistente di deterioramento della qualità della vita legato ai processi di deregolamentazione annunciati. Per quanto riguarda i trattati commerciali, l'impressione è che già prima delle elezioni il Ttip fosse destinato a morte certa, indipendentemente dai risultati. Il risultato delle elezioni ha però decretato anche la fine del Tpp. In questo caso, se Hillary Clinton fosse stata eletta, molto probabilmente il Tpp sarebbe stato proposto nella lame duck session nel tentativo di essere approvato sotto la presidenza di Obama.


L'esito delle votazioni ha fatto emergere un dato interessante rispetto al voto dei lavoratori americani, in particolare quelli della Rust Belt, che si sono schierati a fianco di Trump. Come vede il rapporto fra Casa Bianca e sindacati nel prossimo futuro?

La prossima amministrazione promette di essere una delle più ostili della storia americana nei confronti del lavoro organizzato. Oltre al presidente eletto bisogna calcolare che ogni membro repubblicano dell'amministrazione è di estrema destra. Ci sarà poi da verificare come l'amministrazione Trump, che ha promesso investimenti, in particolare nelle infrastrutture, si relazionerà con i sindacati sul campo. Questa è la questione più scottante e più interessante visto che Trump ha attratto tantissimi voti dei lavoratori basandosi sulla promessa di ripristinare le protezioni contro i beni di importazione e di creare di nuova occupazione. Come funzionerà tutto questo in seno ad una amministrazione piena di gente che mai avrebbe fatto simili promesse? Sarà molto interessante vedere quello che succederà.


Trump ha preso di mira, fra gli altri, il Messico, i musulmani, gli immigrati, i trattati commerciali. Quali sono le sue previsioni su queste questioni? Siamo in una fase post elettorale e molte cose non sono ancora chiare ma quello che è certo è che non c'è una diretta connessione fra quanto Trump ha detto nella sua campagna e quello che la nuova amministrazione effettivamente farà. Il famoso muro con il Messico è già diventato una recinzione. Ma in realtà la recinzione già c'è. Non ci sarà alcun divieto di entrata per i musulmani. Forse quello che succederà è qualcosa di simile a quanto successo dopo l'undici settembre, fino al 2011, quando le persone provenienti da 25 paesi nel mondo furono obbligate a registrarsi per entrare negli Usa. Questo forse verrà ripristinato. Certo non è una buona cosa ma non è esattamente una novità negli Usa. Per quanto riguarda la questione della deportazione di immigrati irregolari, si parlava di un enorme pogrom ma anche questo non accadrà. Si parla ora di due milioni di cittadini deportati che, certo, è un grosso numero ma è lo stesso numero di deportati registrato durante l'amministrazione Obama. Non ci sarebbe un cambiamento sostanziale anche in questo caso dunque. Allo stesso modo, all'opinione pubblica avversa ai trattati commerciali è stata promessa la rinegoziazione del Nafta. Ma questo argomento è già sparito dal dibattito. Ora preferiscono parlare del Tpp che non è stato ancora ratificato. Il Nafta è li da vent'anni e non so cosa si può rinegoziare. Sarebbe perlomeno complicato e avrebbe un costo politico elevato senza considerare che tutto il manifatturiero si è riorganizzato in relazione a questo accordo. Anche in questo caso si tratta di propaganda elettorale.


La democrazia americana è dunque malata?

Abbiamo avuto una campagna elettorale basata su affermazioni apparentemente senza sostanza e naturalmente questo ha avuto un impatto sul risultato delle elezioni. E' chiaro che molte promesse sono state date in pasto all'opinione pubblica per ottenere i voti di un certo tipo di elettorato. Non c'è mai stato nella storia degli Stati Uniti un presidente con una distanza apparentemente cosi ampia tra quello che dice e quello che realmente può fare. Da un certo punto di vista è un bene perché molte delle cose che Trump ha detto sono atroci ma dal punto di vista dello stato di salute della nostra democrazia è chiaramente un elemento negativo. Non è la prima volta che la democrazia americana si ammala. Ricordo che anche nel 2000 dopo che la Corte Suprema installò Bush come presidente ci interrogammo profondamente sullo stato di salute della democrazia nel nostro paese.

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