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FOOD FOR HEALTH: IL DIRITTO ALLA SALUTE È QUELLO DI VIVERE SANI

E' il momento di passare all'azione. Parola di Vandana Shiva che ha chiamato a raccolta esperti da tutto il mondo per redigere un Manifesto in grado di fornire agli agricoltori, ai consumatori, agli attivisti e alle organizzazioni della società civile gli strumenti essenziali per rivendicare il diritto ad un'alimentazione sana. Il titolo del Manifesto, “Food for Health”, “Cibo per la Salute”, diviene allora la parola d'ordine di una campagna internazionale che intende riunire i movimenti ambientalisti e gli scienziati di tutto il mondo al fine di stimolare un cambio di paradigma necessario per passare da un sistema agricolo e produttivo basato sullo sfruttamento a senso unico delle risorse e delle ricchezze dalla natura, ad un approccio circolare, rigenerativo ed ecologico, per contrastare il crescente degrado ambientale, la povertà, le emergenze sanitarie e la malnutrizione.

La necessità di una campagna di informazione e di un piano di azione a livello globale sugli effetti nocivi del cibo prodotto industrialmente sull'ambiente e sulla nostra salute, è resa evidente da anni di studi, analisi e confronti che non lasciano spazio a ulteriori dubbi: l'attuale modello produttivo, basato sull'agricoltura industriale ad alto input chimico e sulla grande distribuzione, ha fallito i suoi obiettivi dal punto di vista sociale, occupazionale e culturale, contribuisce in maniera decisiva all'inquinamento del suolo e delle falde acquifere, immette nell'ambiente una notevole quantità di sostanze inquinanti che contribuiscono ai cambiamenti climatici e alla perdita della biodiversità. Il cibo immesso sul mercato presenta inoltre bassi valori nutritivi e risulta potenzialmente tossico alimentando i rischi di contrarre malattie che, a loro volta gravano, in maniera decisiva sui bilanci dei sistemi sanitari pubblici oramai allo stremo in tutto il mondo. La tragica ironia è che sono gli stessi contribuenti a sostenere i costi reali di questo modello produttivo che si regge in piedi grazie ai finanziamenti pubblici. I soldi per pagare gli incentivi alle imprese, i costi dei danni ambientali e della sanità pubblica vengono infatti prelevati dalle tasche dei contribuenti che, nel frattempo, si recano al supermercato nell'illusione di risparmiare sul costo del cibo che consumano quotidianamente.

“La salute del pianeta e quella degli esseri umani sono una sola cosa”, ci ricorda però Vandana Shiva che incita a superare i paradigmi riduzionisti e meccanicisti per recuperare le connessioni essenziali necessarie alla nostra sopravvivenza e al nostro benessere. Proprio la connessione fra cibo e salute è una di quelle relazioni spezzate che vanno necessariamente ricostruite. Gli autori del Manifesto hanno presentato l'evidenza scientifica dai propri settori di competenza arrivando a una conclusione comune: la produzione e il consumo di cibo industriale è connessa ad una vasta gamma di patologie e a carenze nutrizionali. Si tratta in particolare di quelle malattie comunemente definite come “non trasmissibili”, che causano al giorno d'oggi non meno del 70% dei decessi a livello mondiale, per un totale di 40 milioni di decessi all'anno, di cui 15 milioni sono persone di età inferiore ai 70 anni. Sono patologie associabili alle abitudini alimentari delle persone nonostante il fatto che le emergenze sanitarie, le pandemie di tumori, le malattie degenerative come il Parkinson e l'Alzheimer sono spesso interpretate come casi sfortunati ma fortuiti. Non tenere in conto l'influenza dei fattori ambientali sulla nostra salute è una semplice distrazione? Non propriamente, considerando gli interessi economici dietro il sistema della produzione industriale del cibo.

Continua a leggere sul numero di settembre del mensile Terra Nuova trovate le interviste esclusive a Vandana Shiva e agli esperti internazionali che firmano il Manifesto «Food for health», un documento indirizzato ai governi di tutto il mondo per dire basta a un sistema economico che distrugge l’ambiente e ci fa ammalare sempre di più. Perché il diritto alla salute è quello di vivere sani, non quello di curarsi.

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