L’AGROBUSINESS FA MALE ALLA SALUTE
Abbiamo imposto una civiltà lineare in un pianeta che funziona in modo circolare, un modello di sviluppo incoerente e altamente inquinante che provoca più perdite che guadagni, anche in termini di costi sanitari. Così al recente convegno regionale Sardigna Terra Bia dell’Isde, l’Associazione Medici per l’Ambiente denuncia, dati alla mano, un’emergenza sanitaria in piena regola causata primariamente dal modello di sviluppo estrattivista, basato sul sistema energetico dei combustibili fossili e sull’agricoltura industriale ad alto input chimico. Solo il cambiamento dell’attuale paradigma economico, investimenti in fonti di energia pulite e rinnovabili, l’adozione di un approccio agroecologico nella produzione del cibo, potranno, secondo l’analisi dell’associazione dei medici ambientalisti italiani, invertire la tendenza in atto.
La relazione fra inquinamento, alimentazione e salute è da considerarsi un dato acquisito, come dimostra il recente studio epidemiologico Sentieri, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, che denuncia un aumento del 9% dei tumori in bambini e giovani fra le persone che vivono nei siti inquinati italiani, ovvero circa il 10% della popolazione. In particolare, l’ISS ha riscontrato un aumento del 62% dei sarcomi, del 66% delle leucemie, del 50% dei linfomi, del 36% dei tumori al testicolo nei soggetti tra gli 0 e i 24 anni. L’inquinamento atmosferico, la contaminazione dei terreni e delle falde acquifere, l’utilizzo indiscriminato di agrotossici in agricoltura hanno effetti gravissimi sulla salute delle persone ma anche sulle casse degli Stati che devono assorbire i costi dei danni, fra bonifiche e cure mediche, dopo aver elargito incentivi a imprese irresponsabili. La promessa della creazione di posti di lavoro, spesso disattesa, non è più sufficiente a giustificare gli impatti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Un mercato drogato che rende conveniente ciò che è assurdo, come sostiene Gianni Tamino, biologo dell’Università di Padova, che indica nella difesa del territorio il punto da cui ripartire per promuovere un’economia circolare in grado di creare sviluppo sostenibile e occupazione dignitosa.