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LOBBY INDUSTRIALE PREME PER APRIRE AGLI OGM E ALLE NBT IN ITALIA

Conservazione della biodiversità? Riduzione dell'utilizzo dei pesticidi? Supporto alle filiere corte e alla produzione agro-ecologica, ovvero applicazione su tutto il territorio europeo di una strategia Farm to Fork? Tra il dire e il fare, questa volta, sembra esserci di mezzo la lobby. Non una novità, assoluta, certo, ma la recente crescita di sensibilità da parte del pubblico rispetto ai temi della sostenibilità ambientale e dell'alimentazione salubre, dimostrata anche dalla costante crescita del biologico, sembra aver messo in agitazione quel gruppo di aziende che sul mercato dei semi e degli agrochimici macina quotidianamente miliardi di dollari. L'allerta era già stata lanciata dal Corporate Europe Observatory, quando nel mese di ottobre, aveva denunciato come il gruppo di lobby dell'agroalimentare Copa-Cogeca, insieme ai giganti dei pesticidi e dell'industria alimentare, stavano cercando di impedire che la riforma della PAC si allineasse con la nuova strategia "Farm to Fork" del Green Deal. Nel mese di dicembre, Pesticide Action Network, ha invece svelato la resistenza di molti paesi europei all'obiettivo di ridurre l'utilizzo dei pesticidi del 50% entro il 2030.

L'onda lunga delle lobby industriali non risparmia l'Italia il cui governo sembra intenzionato ad emanare quattro decreti legislativi che potrebbero spalancare le porte a ogm e nbt (nuove tecniche di manipolazione genetica). Alla faccia della biodiversità e della diminuzione dell'uso dei fitofarmaci in agricoltura.

La mossa degli industriali non arriva inaspettata soprattutto a seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia europea che ha equiparato i vecchi ogm alle nuove tecniche di gene editing. Un vero colpo per l'industria che, sostenuta dagli Stati Uniti, ha dato il via a un’incessante opera di pressione presso l’UE. In mezzo a tanta confusione, l'unica certezza riguarda proprio i beneficiari di un eventuale processo di deregolamentazione, ovvero le grandi multinazionali che, brevettando le nuove varietà, trarranno gli unici benefici di queste politiche. Con buona pace di consumatori e piccoli produttori, come ha rilevato la presidente di Navdanya International, Vandana Shiva: “Gli organismi modificati con la tecnica dell'editing genetico sono ogm. La scienza ci informa che l'editing dei geni non è uno strumento preciso, ma uno strumento maldestro che si applica ai semi che sono invece sistemi viventi complessi e auto organizzati. L'editing genetico non è la equiparabile alla selezione varietale tradizionale, ma a una scorciatoia che permette di brevettare le sementi e appropriarsi del patrimonio di sementi che gli agricoltori hanno evoluto nel corso dei secoli”.

Per tentare di arginare questa deriva sono scese in campo molte associazioni fra cui European Consumers Association, Isde, Gufi e Navdanya International che hanno diramato un comunicato in cui si paventa lo stravolgimento dell'intero assetto agricolo italiano con conseguenti rischi per le produzioni locali di qualità: “Non è garantita la conservazione della biodiversità, che crolla radicalmente come avvenuto nelle aree in cui gli ogm sono coltivati a pieno campo. Neppure è assicurato l’aumento della produzione, come più volte dichiarato dagli agricoltori statunitensi. Non sarà più possibile preservare le aree destinate al convenzionale e al biologico dall’inquinamento di ogm, perché là dove la coesistenza è stata attuata essa è fallita”.

Gli atti del governo sono stati sottoposti a parere parlamentare. Le associazioni invitano il governo a ritirare i decreti e i cittadini a mobilitarsi per dire no a questo nuovo tentativo di introdurre organismi geneticamente modificati nel nostro paese e nella nostra alimentazione.




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