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Pesticide Nation: interviste

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Pesticide Nation. Guida alla sopravvivenza alimentare ”: titolo nient’affatto casuale quello della novità editoriale di Terra Nuova, lavoro di Manlio Masucci, stretto collaboratore di Vandana Shiva nell’associazione Navdanya International, giornalista e scrittore. Perché l’urgenza è più che reale: dai pesticidi occorre smarcarsi, per salvare ambiente e salute.

Manlio Masucci, giornalista, responsabile della comunicazione di Navdanya International, si occupa da tempo degli effetti dei sistemi alimentari industriali sull’ambiente e sulla salute di lavoratori e consumatori, degli interessi economici delle multinazionali e delle loro azioni di lobby. Le sue ricerche si concentrano inoltre sulle pratiche agroecologiche rigenerative alternative al sistema della grande produzione e distribuzione organizzata. Il suo ultimo libro, Pesticide Nation (Terra Nuova Edizioni), è una vera e propria guida per difendersi da pesticidi e multinazionali. Lo abbiamo intervistato.

Come nasce l’idea di scrivere Pesticide Nation ? «Inizialmente l’idea era quella di una raccolta dei miei articoli degli ultimi anni. È solo quando li ho messi tutti insieme che ho visto che c’era un filo conduttore, una linea molto chiara e demarcata che suggeriva una narrazione. I pesticidi sono la linea conduttrice di una storia che definisco mitica. È l’epopea della lotta del bene contro il male, del forte contro il debole, del grande contro il piccolo, della vita contro la morte. Parliamo spesso di crisi ambientale, climatica, alimentare, sanitaria, ma facciamo fatica a mettere a fuoco il contesto. Ci concentriamo sui sintomi senza capirne le cause. E lasciamo i colpevoli liberi di fare altri danni. Il modello economico predatorio, estrattivista e inquinante, è divenuto una forma mentis che ha invaso il nostro sistema culturale. Vandana Shiva parla non a caso di “monocolture della mente”. La domanda che pongo ai lettori è dunque questa. Vogliamo veramente essere parte di una Pesticide Nation? Vogliamo veramente supportare con i nostri soldi e la nostra salute un modello eco-distruttivo e autolesionista che arricchisce una ristretta elite e impoverisce le moltitudini?».

Qual è il ruolo delle multinazionali all’interno della Pesticide Nation ? Nel libro si parla anche del tribunale Monsanto. È possibile ottenere giustizia? «Se le multinazionali dell’agribusiness fondassero uno Stato sovrano, questo si posizionerebbe nel gruppo delle prime economie mondiali. Questo Stato invisibile ha un potere occulto e invasivo. L’esperienza del tribunale Monsanto dell’Aia, che ho vissuto in prima persona dall’interno dell’ufficio stampa, è stata intensa e coinvolgente e ha denunciato questo potere occulto. I giudici hanno sentenziato che se esistesse il reato di Ecocidio, la Monsanto sarebbe chiamata a risponderne. Il passo successivo è dunque di far riconoscere questo reato a livello internazionale. Non a caso, nel libro intervisto Jojo Mehta, direttrice di Stop Ecocide International, che sta portando avanti la campagna. La Monsanto è stata da poco acquisita dalla Bayer che, oltre a produrre pesticidi, è in prima linea per sdoganare i nuovi Ogm in Europa. E’ la stessa azienda che ha iniziato una campagna di sponsorizzazione “green”. Un recente evento mediatico italiano “ecologico”, organizzato da uno dei maggiori gruppi editoriali nostrani, contava fra i suoi sponsor proprio la Bayer. Molti stimabili colleghi hanno partecipato senza rendersi conto o forse confusi dal fascino del grande palcoscenico. Anche Vandana Shiva era stata inizialmente invitata. Vedete come è complesso il gioco e come è facile cadere nei bluff architettati all’interno della Pesticide Nation?».

Una copertina d’impatto quella del libro. Da dove nasce l’idea? «Considero l’aspetto iconografico di fondamentale importanza. Grazie al lavoro di Will Allen ho compreso l’importanza che l’industria dell’agribusiness dedica alla comunicazione visiva. I primi pesticidi erano pubblicizzati attraverso i fumetti. Il disegnatore più in voga all’epoca delle prime immissioni sul mercato era il dr. Seuss che pubblicava regolarmente le sue vignette pro-pesticidi sulle maggiori riviste di settore. La copertina di Pesticide Nation riprende una pubblicità degli anni ’90 dedicata al Roundup Ready della Monsanto. In quel caso il bidone di erbicida nel mezzo di un campo di grano aveva un’accezione positiva. Questo fatto mi ha ricordato un episodio capitatomi nell’ufficio turistico di una regione italiana, fra le prime per uso di pesticidi. L’immagine promozionale del territorio prevedeva un’intera famiglia che pedalava felicemente in bicicletta fra le monocolture intensive locali. Per loro era un’immagine invitante. A me metteva i brividi. Vorrei ringraziare l’illustratore Federico Zenoni, compagno di lunghe e coinvolgenti riunioni per definire al meglio il concept, e il direttore di Terra Nuova, Nicholas Bawtree, per aver compreso la passione dietro la laboriosa ideazione di questa copertina. Approfitto per ringraziare anche tutto il team di Terra Nuova per aver reso possibile questo lavoro e Vandana Shiva per aver scritto la prefazione».

Come è iniziato e maturato il tuo interesse nel settore dell’agricoltura? «In maniera quasi casuale. Ho conseguito un dottorato in lettere e filosofia nell’ambito di un programma congiunto fra l’Università di Roma (La Sapienza), quella di Londra (UCL), e quella di New York (NYU). E’ da New York che ho iniziato a lavorare come giornalista. Ho poi lavorato nella cooperazione internazionale e presso l’OIL. Mi occupavo molto di sicurezza sul lavoro. Era un argomento molto importante nelle relazioni industriali. Mi sono sempre chiesto perché nel settore agricolo il tema della sicurezza risultasse più marginale, in particolare rispetto agli operatori che lavoravano a contatto con sostanze chimiche. Allo stesso tempo leggevo i rapporti sui rischi dei pesticidi per la salute dei consumatori e non riuscivo a comprendere perché l’alimentazione biologica stesse prendendo la strada di un consumo di elite. Mi chiedevo: ma perché dovrei pagare di più per non espormi a tali rischi? E chi non se lo può permettere? Mi è sempre sembrato un paradosso. Quando ho iniziato a fare ricerca mi sono inoltre reso conto che non mi stavo inoltrando in un campo esclusivamente tecnico. Il modo con cui produciamo il cibo e lo distribuiamo ci parla del nostro rapporto con il pianeta, con la società, con la cultura, con la nostra stessa vita. Tutto ciò si riallacciava perfettamente alla mia formazione letteraria e filosofica. Specializzarmi in questo settore è stato del tutto naturale».

L’incontro con Vandana Shiva e Navdanya? «Ottenni un’intervista con Vandana Shiva nel suo ufficio di Nuova Delhi e così venni a sapere che Navdanya aveva appena aperto un ufficio internazionale in Italia. Proposi di dare una mano sulla comunicazione. Negli anni la collaborazione si è strutturata e continua tutt’oggi. Ho lavorato presso l’Università della Terra di Dehradun, alle pendici dell’Himalaya, e sui progetti di Navdanya in molti Stati indiani. Vandana Shiva rappresenta il completamento ideale di tutte le ricerche che svolgo sui territori. La visione olistica che coniuga perfettamente, in maniera appassionata e coraggiosa, le istanze e le soluzioni. Aver lavorato in India per un medio periodo è stato altamente formativo. Vedere la condizione dei contadini in un paese in mano delle multinazionali è straziante. Quando Vandana Shiva parla di “violenza della Rivoluzione Verde” lo fa a ragion veduta e fuor di metafora. I casi relativi all’indebitamento dei contadini e ai relativi suicidi sono tristemente conosciuti. Il recente sciopero dei contadini indiani contro le riforme neoliberali del governo Modi è durato circa un anno e ha portato nelle strade centinaia di milioni di persone. Il conto finale è stato di circa 700 morti. In Indonesia ho intervistato contadini che hanno subito arresti e torture fisiche perché si rifiutavano di accondiscendere al modello monocolturale chimico delle multinazionali. Una guerra. Il primo capitolo del libro, intitolato “Nascita di una Nazione", cita il colossal cinematografico di D.W. Griffith del 1915. L’imposizione di un paradigma economico e culturale avviene necessariamente attraverso la violenza, lo sfruttamento, il razzismo. La domanda sorge spontanea. Vogliamo che anche l’Europa percorra la stessa strada seguendo i modelli impostoci dalle multinazionali? Perché il tentativo in corso è proprio questo».

Nel libro, oltre a Vandana Shiva, sono presenti molti personaggi di caratura internazionale. «Dare voce ai maggiori protagonisti del settore è fondamentale. Attraverso lo strumento dell’intervista intendo porre il lettore a tu per tu con quelle che definisco “guide” all’interno dell’intricata geografia della Pesticide Nation . Oltre a Vandana Shiva, che è una guerriera in tutti gli aspetti della sua vita, mi viene da pensare a Maude Barlow che ha un carattere diametralmente opposto. Maude appare molto fragile, timida e dolce eppure ha condotto battaglie epocali. Penso a Satish Kumar, editor di riviste storiche come The Ecologist e Resurgence che, passati gli ottant’anni, anni sprigiona ancora una forza travolgente. Penso a scienziati che decidono di uscire dalla torre d’avorio come Fiorella Belpoggi e a teologi ambientalisti come don Ciotti. E’ però importante sottolineare che sono molti gli agricoltori che trovano spazio in questo libro. Sono loro i veri protagonisti, i veri guardiani della Terra. I personaggi presenti nel libro, più o meno famosi, rappresentano un esercito di guerrieri che ci difendono con la loro azione quotidiana dai diktat della Pesticide Nation. Rappresentano la resistenza essenziale per preservare la sovranità alimentare di intere popolazioni».

A chi è indirizzato questo libro? «Direi che è un libro per tutti. Per i consumatori e per gli operatori del settore. Ho voluto alternare parti più analitiche, che riportano una ricca bibliografia, a parti più narrative per offrire diversi livelli di lettura. Non è facile comprendere il funzionamento di quello che definisco “il sistema dei sistemi” ma è necessario farlo per individuare l’origine dei problemi che fronteggiamo ogni giorno. Ed è necessario spiegarlo a tutti. Questo libro cerca di spiegare il funzionamento di un apparato industriale e finanziario che si è arrogato il diritto di dirci come dover vivere e morire. Ho avuto il forte impulso a iniziare a lavorare a questo libro dopo la nascita mio figlio. Così penso che, in generale, questo sia un lavoro dedicato alle giovani generazioni. Sono loro che devono capire come funziona il gioco per poterlo cambiare. Una guida di sopravvivenza (alimentare), come recita il sottotitolo».


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